Skip to content Skip to footer

Ci siamo spesso spesi per tenervi informati sulla cura dei tumori, ma la neurofibromatosi di tipo 1 non predispone solo alla crescita di neurofibromi bensì, in una percentuale considerevole di individui, determina ritardi cognitivi. In una ricerca appena pubblicata su Neurol Genet. [Karin S. Walsh et al. Impact of MEK Inhibitor Therapy on Neurocognitive Functioning in NF1,  Oct; 7(5): e616. Published online 2021 Aug 6. doi: 10.1212/NXG.0000000000000616] il Gruppo diretto da Roger J Packer ha provato a verificare un miglioramento cognitivo in pazienti trattati con inibitori di MEK (ricordate? MEKi: sono molecole che inibiscono le chinasi attivate dalla assenza di neurofibromina, chiamate MEK e ERK, fra queste selumetinib e trametinib).

 

Gli studiosi hanno esaminato i cambiamenti nella capacità cognitiva in 59 pazienti (età compresa fra 5 e 27 anni) pazienti con NF1 nelle prime 48 settimane di trattamento con questi inibitori (MEKi). Come li hanno monitorati i miglioramenti? Attraverso due parametri: rendimento nelle prestazioni (performance tasks, Cogstate) e i risultati riportati da un osservatore (observer-reported functioning, BRIEF). Mentre il rendimento delle prestazioni non sembra essere particolarmente variato, il secondo parametro, il BRIEF è migliorato, dimostrando che l’inibizione di MEK è una strada percorribile anche per migliorare la capacità cognitiva. Rimane comunque il problema generale, ovvero che questi farmaci sono ancora troppo tossici, e quindi il loro uso in terapia è giustificato per il trattamento dei tumori inoperabili, ma è ingiustificato per il miglioramento dell’aspetto cognitivo, dato lo sbilanciamento effetto tossico/ beneficio.